Che cos’è il rewilding e chi lo ha teorizzato 

Con il termine “rewilding” si intende il processo di ricostruzione, a seguito dell’interferenza umana, di un ecosistema naturale, affinché, mediante il rispristino dei suoi processi naturali e della sua comunità biologica originaria, divenga autonomamente funzionante, autosufficiente e resiliente. La gestione umana al suo interno dovrebbe quindi essere minima, limitata ad esempio alla sola reintroduzione di animali selvatici o alla riapertura di vecchie vie d’acqua.  

 

Il concetto è nato negli anni ’80, ma fu attraverso un importante studio del 1998 di due biologi americani, Michael Soulé e Reed Noss, che ne fu fornita una concreta base scientifica, fondata su tre caratteristiche fondamentali, le cosiddette ‘3C’: i nuclei (cores), ovvero aree di riserva naturale, altamente protette; i corridoi (corridors), ovvero vaste zone che permettono lo spostamento della fauna e la loro ricerca del cibo, collegando tra loro i nuclei, che tipicamente non sono abbastanza estesi; i carnivori (carnivores), specie la cui importanza negli ecosistemi fu sostenuta da diversi studi scientifici, che dimostrarono quanto gravi cambiamenti negli ecosistemi, come la perdita di specie, fossero spesso causati dalla loro scomparsa. 

 

L’esempio del parco Nazionale di Yellowstone 

Un esempio di rewilding che ebbe uno straordinario successo e mise in luce l’affascinante complessità con cui gli elementi degli ecosistemi si intrecciano tra loro fu il ripopolamento del lupo al Parco Nazionale di Yellowstone, negli Stati Uniti. A Yellowstone i lupi raggiunsero l’estinzione già negli anni ’30, a causa di una caccia indiscriminata. Uno degli effetti diretti fu la riduzione della pressione predatoria sugli alci, la cui popolazione aumentò notevolmente, generando effetti ambientali negativi: il superamento dei limiti di capacità di carico del Parco e la mancata migrazione durante l’inverno, che, a sua volta, li portò a nutrirsi di piante di salice, cibo invernale dei castori.  

 

Con la reintroduzione dei lupi avvenuta nel 1995 l’intera catena si è invece invertita: gli alci hanno ripreso a spostarsi, i castori hanno ripreso a nutrirsi di salice e, attraverso la costruzione di stagni, hanno avuto un impatto positivo sulla idrologia dei corsi d’acqua.  

 

Il caso di Yellowstone ha mostrato quanto il ruolo ecologico di una singola specie animale, in uno specifico territorio, sia delicato e fondamentale per l’equilibrio di un ecosistema. 

 

I benefici ambientali e sociali 

I vantaggi provenienti dalla ricostruzione di un ecosistema naturale sono numerosi e non riguardano solo la sfera ambientale. La trasformazione degli ecosistemi naturali in ecosistemi veramente funzionanti, formati da una vasta gamma di piante e animali tra loro interconnessi, rende innanzitutto possibile la mitigazione delle crisi ambientali che interessano il pianeta, tra cui la perdita di biodiversità e i cambiamenti climatici. Gli ecosistemi correttamente funzionanti ci garantiscono inoltre la presenza di aria filtrata dagli alberi e acqua pulita.  

 

Oltre ai fondamentali benefici ambientali, si riscontrano importanti effetti positivi anche sul piano sociale. Riconsacrare terre e mari può creare un ecosistema prospero di occupazione. Alcuni esempi sono le attività di gestione del bestiame attraverso le guide naturalistiche, l’organizzazione di attività comunitarie e la possibilità di visitare l’area per osservare la fauna selvatica in rinascita, godendo di esperienze uniche di ecoturismo.  

 

Il Rewilding in Brasile  

In Brasile hanno trovato applicazione diversi progetti di rewilding, di cui alcuni promossi dall’associazione Re:wild, altri attuati nella regione Santa Catarina, dove già dal 2010 sono state reintrodotte alcune specie iconiche del territorio, come l’uccello Amazona vinacea. Anche Amazônia, attraverso il progetto “Together We Plant the Future” ha preso parte alla conservazione e al restauro ecologico della foresta Amazzonica lungo il confine tra gli stati brasiliani di Maranhão e Pará, affiancando tali obiettivi ambientali allo sviluppo socioeconomico delle comunità locali.  

Foto: Roberto Isotti, Alberto Cambone, Barry Cawston, Emiliano Mancuso, Sandro Santioli, Homo Ambiens Isotti 

Associazione Amazonia Milano ETS
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